“Ho cercato Maria…”, spiritualità mariana di don Giuseppe Canovai

“Mio Dio, voglio essere sacerdote in tutto, per tutto, in ogni attimo della vita, in ogni momento della mia giornata, in ogni atteggiamento del mio spirito… Voglio che tutto sia sacerdozio e cioè distruzione di me, glorificazione di te, donazione di misericordia e di pace alle anime… Intensifica, o mio Dio, centuplica il fuoco che mi brucia, che non mi lascia in pace, affretta la consumazione e la fine affinché sul grano disfatto trionfi la tua croce, si irradi la tua luce, si aprano le sorgenti della Vita e le anime trovino misericordia, e il tuo Nome gloria”,  Diario, 7 maggio 1940.

 

mariaAccenti come questi sono l’eco genuino di un cuore sacerdotale andato in fiamma in contatto del Cuore sacerdotale di Gesù Cristo. Ma chi è che ha preparato quest’anima… che l’ha disposta così bene a tanta incandescenza di carità?

Tante le volte che ci si trova dinanzi ad una di queste creature di grazia, non si può che pensare a Lei, alla Mater gratiae. Chi vi fa pensare è tutto un fiume stupendo e veramente regalo di tradizione cattolica. È sulla sponda di quel fiume una voce che compendia tutta quella tradizione, la voce di Leone XIII, il quale nella Enciclica Iucunda semper (8.sett. 1894) insegna che “qualunque grazia impartita agli uomini ha questo triplice procedimento: da Dio a Cristo, da Cristo a Maria, da Maria a noi”. Consacrazione solenne del noto pensiero di san Bernando: “Dio ha voluto che noi non avessimo nulla se non per le mani di Maria”(Serm. III De Natir. Dom.).

Nell’Epifania del 1941, Mons. Canovai, al termine di una meditazione tutta “piena di luce e di grazia”, si sentì come travolto da “un’inondazione di riconoscenza”, dinanzi a Lui che si è degnato manifestarsi – a Bethlem, al Giordano, a Cana – . L’anima, dice egli, veniva meno “alla contemplazione di quel suo infinito donarsi”. Prendendo nelle mani la mia offerta e sentendone la nullità, allora “ho cercato chi potesse farmi la misericordia di presentarla: ho cercato Maria… l’ho incontrata a Bethlem e l’ho incontrata a Cana… ed ho affidato alle sue mani virginee e materne la mia offerta.. poi son dovuto andare all’altare, tutto mi si scoloriva, i testi della Messa mi si confondevano in un pensiero solo, alla fine Maria ti ha deposto nelle mie mani e gli occhi ti hanno fissato, si sono affissati nel mistero del tuo manifestarsi: nei veli della creazione, nell’incanto di Bethlem, nella onnipotenza di Cana, nei veli del pane, nel sangue della croce”.

 “Ho cercato Maria…”: cogliere Giuseppe Canovai con questa espressione sulle labbra, nell’atto che sta per salire all’altare e sull’altare sta per scendere nelle sue mani la vittima divina, è lo stesso che scoprire il segreto e l’orientamento più vero di tutta la sua vita interiore di sacerdote: ad Iesum per Mariam! In realtà, egli aveva cercato Maria fin da giovinetto. Ma quando in prossimità del sacerdozio e per teologica consapevolezza, si persuase che il successo della sua vita interiore e l’efficacia del suo apostolato dipendevano tutto dalla grazia, e d’altra parte, mediatrice di tutta la grazia è la Madonna, trasse dubito la conseguenza, che la sua santificazione e la fecondità del suo lavoro apostolico dipendevano tutto da Maria.

Volle perciò che la Madonna entrasse in pieno nei pensieri, desideri, aspirazioni, propositi, gioie, sofferenze, lavoro, in tutta la sua vita.

E quando un figlio diventa un sacerdote, in un’ora di confidenza incondizionata e tenera, abbandona se stesso… questa Mamma, e lascia a Lei la cura di badare a tutto, di provvedere a tutto, e Le promette di lasciarla fare, e di fatto la lascerà fare come crede e come vuole, senza chiederle mai conto di quello che fa: noi ci accorgeremo presto che in quell’anima c’è la presenza di questa Mamma, perché in ogni cosa ravviseremo il tocco delicato – qualche volta anche maternamente severo – della sua mano, tutto comincerà a vedersi in ordine, tutto s’andrà illuminando nel riflesso del suo sorriso, nello splendore della sua purezza, da per tutto troveremo il senso della sua tutela, l’impronta della sua bontà: quell’anima in poco tempo si trasforma, le virtù pulluleranno l’una dopo l’altra, come per incanto, nel caldo del suo Cuore materno.

San Giuseppe Cafasso, che s’intendeva come pochi di anime sacerdotali, soleva dire: “Quando avvenga di sentir parlare d’un sacerdote che sia devoto di Maria, non cercate più altro, state certi che non può a meno che esser buono, e forse d’una bontà non comune. Se al contrario venite a conoscerlo freddo e poco sensibile all’affetto, perché se non ha un gran cuore per la Madre, non può avere un gran cuore per il Figlio, per la gloria di Lui e per la salute delle anime”. (Cfr.Idem, Homo Dei, Torino 1947).

Tutto quello che Giuseppe Canovai ha scritto della Madonna, a metterlo insieme, riempirebbe sì e no una quindicina di pagine. Non sono che dei tratti dove si parla di Lei. Ma quei tratti rivelano di volta in volta tutto un mondo di santa e quasi gelosa intimità. Si coglie in essi il lampo di gioia confidente e commossa del figlio che si sente con la Mamma. Si direbbe nient’altro che lo scambio di pochissime parole, appena uno sguardo d’intesa, ma in quelle parole e in quello sguardo c’è tutto, perché c’è l’abbandono di un’anima che sa di appartenerle e ogni cosa ne attende. In breve, essi ci dicono come tutto il suo sacerdozio si appoggiasse su Maria, Regina cleri, Mater sacerdotum, e come i suoi rapporti con Lei non si esaurissero in fervorosi atti e pratiche devozionali, ma si attuassero in una piena e definitiva donazione di sé alla Madre celeste.

Questi tratti mariani del diario si riferiscono a tutti i momenti più significativi della sua vita, specialmente interiore. Sorprendiamolo mentre va meditando sui titoli che ha questa Madre alla nostra confidenza e al nostro amore. “Maria…Mater mea,….mia madre: per me ha offerto la sua verginità, per me l’ha difesa, per me ha accolto la profezia di Simeone, per me misera a Bethlem, per me raminga in Egitto, per me povera e affaticata a Nazareth, per me cercante a Gerusalemme, per me silenziosa nel tempio, per me invocante a Cana, per me ansiosa a Cafarnao, per me sola nella grande assenza, per me strazia ai tribunali, per me desolata e forte al Calavario, per me …..coi dodici, per me esaltante nello Spirito, per me trionfante nei cieli, per me ….tutto questo, fatto per me, voluto per me essa mi…………., mi ha generato, mi ha accolto nelle sua braccia materne, ad immagine della Provvidenza di Dio, prima che fossi, per me….O amabilissima Madre!”. (27 ottobre 1939).

Sacerdote, egli la vuole “Maestra di ogni pensiero” (15 agosto 1940). Apostolo, sente il bisogno “di avvicinarsi a Maria per apprendere da Lei a offrire il Cristo alle anime” (15 dicembre 1940). Anima di profonda interiorità, sente che “è bello pensare che la nostra anima può essere riposo al Cristo! Ma come esserlo bisogna chiederlo a Maria: Maria è stata la sola anima in cui Cristo ha incontrato riposo”(29 dicembre 1940).

Ma il momento più augusto e più commovente di questa sua figliolanza mariana amò contemplarlo là dove la maternità di Lei era stata divinamente proclamata, ai piedi della croce. Maternità ch’egli sentiva di raccogliere sanzionata dal sacrificio di Cristo, in fraterna solidarietà con Giovanni, il primo sacerdote a cui quella maternità veniva significata e per lui a tutti i sacerdoti e a tutta l’umanità.

“Maria ci ha generato; essa può rigenerarci ancora; ma ci ha generato alla croce e non ci rigenera che nella croce”(15 ottobre 1940). Del resto, se la croce è l’unica nostra speranza di rigenerazione, è però “la speranza nutrita e sorretta dalla Madre” (24 settembre 1939).

“La grandezza propria di Maria – scrive durante un corso di Esercizi tutto imperniato sulla croce – mi è apparsa in questo, che non ha sofferto altro che della sofferenza di Gesù. Non ha offerto per il Signore sofferenze sue, ma ha sofferto di quelle del Figlio di Dio. Ha sofferto perché Cristo soffriva, ha patito per la Croce del Figlio, mi è apparsa come l’insuperato modello di chi vuole soffrire soltanto di Gesù… mi è apparsa veramente Regina della croce, perché la sua croce era soltanto la croce del Re”. Tutto questo dice un’anima spoglia interamente di sé, in ogni cosa, che non si ricerca e non si ritrova più; che ha perduto interesse ad ogni cosa che non abbia il dolce sapore della croce del Maestro e non di sé e per sé, ma di Lui solo soffre. Di Lui crocifisso un giorno con legno e chiodi e di Lui crocifisso eternamente di carità in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Le nostre pene sono in quanto rifrangono la sua, in quanto ci aiutano a comunicare alla sua, ma quello che strazia il nostro cuore è, il sacrificio suo e la sofferenza sua.

“O Maria, Regina della croce che partecipasti ai dolori del Figlio in una donazione di te perfettissima che ti fatto con Cristo Regina e Corredentrice delle anime, donami impresso indelebilmente nel cuore il segno della carità dolorante di Gesù, stabiliscimi nella comunione continua al suo divino tormento, fammi penetrare la realtà vera e continua della sua crocifissione d’amore, fammi sentire il lamento doloroso e continuo del Maestro invisibilmente crocifisso nelle donazioni dell’Ostia e nel mistico corpo della sua Chiesa. Fa’ che questa realtà sia al centro del mio pensiero, che io la trovi al fondo di ogni atto dell’intelletto e della volontà e di qui si diffonda in tutta la vita affinché in qualunque cosa io sia occupato con una attenzione nascosta del cuore e della volontà, con le donazioni interiori dell’animo, al di fuori di ogni formulazione del pensiero, con un amore vigile e desto io sia nel mistero del dolore crocifisso, io sia nella croce”(dic. 1937).

 In questa pagina abbiamo l’aspetto più particolare della spiritualità mariana di Mons. Canovai; abbiamo il segreto della sua eroica vita interiore e la spiegazione della fecondità con cui la Regina crucis ne ha benedetto l’apostolato.

Egli è un fiore di sacerdote tutto sbocciato ai piedi della croce, accanto al Cuore dolorante della Madre divina. Se la sentenza di san Bonaventura: “Non ho mai letto esservi stato un santo che non fosse particolarmente devoto della gloriosa Vergine” (Serm.II…….) è una realtà storica, Giuseppe Canovai ne è una nuova conferma.


da Suscipe Domine – Biografia e diario di Mons. Giuseppe Canovai, a cura di D. MONDRONE, La civiltà cattolica, Roma 1949.